Quello della pasturazione preventiva è un argomento assai dibattuto. Proviamo a fare un po’ di chiarezza.
La pasturazione ricopre un ruolo fondamentale nella pesca alla carpa. Tuttavia è un argomento estremamente vasto che nemmeno un libro di pesca potrebbe estinguerlo con successo. In questo appuntamento cercherò di chiarire un dubbio abbastanza sentito, sviscerando le varie problematiche che possono apparire non appena ci accingiamo a pasturare per una prossima sessione di qualche giorno. Andrò quindi ad analizzare la pasturazione antecedente a una comune sessione di uno o più giorni e le varie esche più adatte, applicando questo concetto a un periodo di media attività dei pesci per facilitarne l’applicazione in tutte le stagioni dell’anno.
Dove pasturiamo?
Per “dove pasturiamo?” intendo la tipologia di acqua che vogliamo passare al setaccio, quindi cava privata, cava “libera”, lago, fiume oppure canale. Questo semplice elenco nasconde una variabilità di approccio molto elevata, obbligandoci a differenziare le nostre tattiche in modo opposto. Per questo motivo eliminerò dalla descrizione le cave private dove, per la grande affluenza di altri carper, non sarebbe saggio tentare di coltivare una postazione senza il rischio che qualche collega goda dei frutti dei nostri sacrifici. Quasi tutte le altre acque libere a media pressione di pesca, seguono approssimativamente gli stessi dettami teorici per riuscire a catturare carpe con continuità, perciò, quanto seguirà avrà soltanto l’ambizione di definire una linea guida, che potrà cambiare sensibilmente in funzione del luogo che frequentiamo, l’estensione dell’acqua, quindi la popolazione di carpe presenti, la loro dimensione, la stagione, la temperatura, le possibili variazioni meteo… insomma, situazioni che noi carpisti conosciamo bene, e tutte insieme vanno a costituire la singolarità di ogni ambiente e, nello specifico, di ogni pescata.
Cosa pasturiamo?
Penso che pasturare con esche di scarsa qualità sia come costruire una casa con materiali scadenti: sicuramente nessuno di noi ci abiterebbe! Avere esche di “valide” non significa possedere palline eccessivamente costose o costituite da chissà quali ingredienti, significa piuttosto creare boilies semplici ma notevolmente accettate dalle carpe. Quindi, se qualcuno sta già pensando a libri di biochimica, idrolizzati, farine assurde o ricette costituite da migliaia d’ingredienti, convinto che quella sia l’unica strada per catturare le carpe più grosse, beh, il mio consiglio è di passare ai testi successivi contenuti in “CarpOnline”; tutto ciò che citerò di seguito sarà, appunto, molto più riduttivo rispetto a quello che mediamente si legge sui contemporanei giornali specializzati, sottolineando che una semplice mistura di base è efficace quanto una più complessa.
Iniziando a materializzare il mio discorso, si può dedurre che una classica miscela formata da elementi precotti e pastoncini secchi, possa costituire la base delle nostre esche, in seguito potremmo aggiungere circa il 20-25% di Asian Spice Meal, ottenendo così un mix eccezionale da ogni punto di vista e fortemente speziato. Si potrebbe aggiungere farina predigerita di pesce per aumentare il tono proteico dell’esca, magari in ragioni del 25%. La base liquida è importantissima ma segue gli stessi dettami del mix, ossia semplicità ed efficacia; quindi basterà un po’ di dolcificante tipo Talin e qualche millilitro di aroma per costituire un binomio straordinario capace di convincere qualsiasi carpa. Aggiungo però anche qualche elemento che possa creare armonia nell’esca come il Fish Protein Concentrate o Salmon Amino Compound, adatti per dare una forte nota gustativa sicuramente percepita dalle carpe. I più sofisticati potranno aggiungere oli essenziali e ulteriori additivi, ma sostanzialmente l’efficacia delle nostre esche è già nascosta nel mix.
Preparare il luogo di pesca
Ovviamente intendo la semplice azione di lanciare adeguate quantità di esche per qualche giorno nella stessa area, andandoci a pesca successivamente. Questa breve frase alquanto riassuntiva, cela un complesso ragionamento riguardo a vari parametri già accennati in partenza, come quantità di carpe presenti, stagione e soprattutto zona scelta.
A patto di aver azzeccato il periodo e le dosi giuste, la zona ricopre un ruolo fondamentale e cercare le carpe in un’area non usualmente pattugliata, richiederebbe un intervallo eccessivamente lungo per variare le loro abitudini. Quindi, per prima cosa il nostro target è quello di individuare le zone di alimentazione oppure di stazionamento (a meno che le carpe non stazionino in aree dove il fondale è troppo elevato: per esempio, possono stazionare per periodi anche piuttosto lunghi a 6-7 metri di profondità su fondali ben più alti, anche 60-70 metri!) e, una volta individuati i punti giusti potremo iniziare a lanciare buone quantità di boilies in acqua. Solitamente, questo sistema è quello adottato dalla maggior parte dei carpisti e, rendendo più pratico il mio ragionamento, prima di un week end è normale pasturare il lunedì e il mercoledì, mentre il venerdì ci si reca a pesca. Se tutto fila liscio, le carpe tornano sempre nelle aree dove il cibo è facilmente reperibile e sufficientemente nutriente, perciò diventa “matematico” poter augurarsi almeno qualche pesce.
La pasturazione può essere anche molto più duratura ma non si deve credere che più sarà lunga, più si avranno catture, infatti, è normale constatare un netto decremento dell’accettazione delle nostre esche dopo circa 30 giorni, obbligandoci a sostituire l’aroma e il mix impiegato; ma questo è assolutamente un’altra tematica che tratterò certamente in futuro.
Approfondendo il concetto, grazie alla pasturazione ripetitiva sullo stesso posto, avremo la sicurezza che le carpe possano richiamare l’attenzione anche di altre commensali, aumentando considerevolmente la possibilità di far suonare i nostri avvisatori. Una buona tecnica è quella di estendere la zona pasturata ad un’area piuttosto vasta, raggruppando una maggiore quantità di esche sui nostri futuri spot di pesca; questa condotta crea i presupposti per indurre le carpe a cercare le boilies in quella determinata area, abituandole ad un esca assolutamente differente da ciò che naturalmente trovano in natura. Inoltre, compattare eccessivamente le aree pasturate, può attrarre soltanto un piccolo gruppo di carpe (in certi casi anche solo una!) che, per spirito di territorialità, potrebbe scacciare altre commensali per accaparrarsi tutte le nostre boilies! Quindi è semplice dedurre che estendere la pasturazione in raggi anche di 100metri, non è un criterio errato e spesso può giocare a nostro favore nel caso avessimo individuato le zone adatte.
Durante la sessione?
Dopo un impegno così gravoso, se abbiamo fatto le scelte adatte, le abboccate non tarderanno o nella peggiore delle ipotesi, avremo sempre molte più probabilità di catturare rispetto ai colleghi che non hanno pasturato preventivamente.
Uno tra i crucci peggiori durante la sessione è quello di mantenere la zona pasturata; ma come fare? Quali sono le quantità? Queste domande sono assolutamente lecite e la cosa simpatica è che la risposta viene suggerita solo dalle carpe. Infatti, saranno le loro abboccate che ci esorteranno ad abbondare oppure a lesinare sui quantitativi da lanciare in acqua. Tuttavia il periodo, il numero e la dimensione dei pesci presenti ci indirizzeranno senza problemi nel comprendere fin da principio quante esche portarci appresso, successivamente saranno le carpe a richiedere boilies con le loro abboccate o semplicemente con i loro evidenti segnali di attività alimentare.
Nel dubbio, un buon metodo può essere costituito dall’uso di pellets o method che smaterializzandosi creano soltanto una nuvola aromatica veramente molto attrattiva, l’unico problema consiste nella notevole attrazione di piccoli pesci che, se abbondantemente presenti, diventano piuttosto invadenti nei confronti delle nostre trappole.
Ormai è anacronistico parlare di ambienti vergini alle boilies, perciò ho volutamente omesso questo argomento, appunto trovo che la pallina profumata sia ormai utilizzata in qualsiasi acqua e le carpe riescono ad accettarla ovunque e senza problemi tanto da introdurla comunemente nella loro dieta. Resta il fatto che un’esca non troppo elaborata ma dai contenuti biologici sufficienti, può giocare a nostro favore convincendo assolutamente molte carpe e costituendo così la chiave per raggiungere un successo assicurato.